Firenze: Galleria Art Point-Black


   Modello sicuramente esemplare di arte del disegno ci appare la personale di Giuseppe Borrello allestita nella Galleria ART POINT-BLACK in Borgo Allegri di Firenze. “Eleganza di un segno infinito” è stata definita l’arte dell’autore torinese. E intendiamo “infinito”come non contenuto nei limiti di una riduttiva definitezza, come ciò che travalica il finito nel senso estetico del termine.

   L’arte nasce da un contenuto umano, intenso e profondo. “Cosa canta l’uomo - scriveva il grande De Sanctis - se non ha nulla dentro di sé?”. Tale contenuto è la premessa del fare poetico. E’ il materiale (affettivo, meditativo e culturale) di cui l’artista è dotato. E’ da questo generico, ma avvertito, modo personale, che parte l’artista, nella fattispecie Borrello; come ogni autore degno di stima. Patente nella rassegna ne è la rivelazione: un vario, articolato spettro di sentimenti anima i ritratti: di giovani, di fanciulli, di anziani signori. Che attestano, con il grande trittico di tema religioso ed etico - dialettico (APOCALISSE 2000 (fig.1) – LA STRAGE DEGLI INNOCENTI (fig.2) – DEPOSIZIONE (Fig.3)), il sottofondo morale che anima e avviva figure e ritratti. Pretto appare quindi l’interesse per la vita nelle varie, ugualmente notabili, modalità biologiche e psicologiche.

    Ma ciò che l’uomo normalmente nutre, nell’artista si feconda e produce effetti d’inestimabile evidenza informativa e didattica; traducendosi da contenuto umano in contenuto estetico, attraverso il concetto gestaltistico di “forma”, cioè di organismo vivente in sede di valori d’arte.

   Attraverso la tecnica, il lavoro arduo e assiduo, l’artista riscatta la materia sublimandola in prodotto estetico. Che sarebbe peraltro la tecnica se non vi si accompagnasse l’intuizione creativa (Maritain), il cristallo prezioso (Pascoli), cioè il dono della fantasia creatrice? Questa solo esalta la tecnica traducendola in opera d’arte. E allora il ritratto non è più la figura del soggetto in sé, ma la visione che l’artista ne ha: di scavo, di tenerezza, d’innocenza, di malinconia che l’autore scopre e ripete nel soggetto medesimo. Come in un transfert che impronta il lavoro dell’artista di una propria, personale sensibilità e perizia.

   Sicché non è improprio parlare di personalità dell’opera. Ora nella mostra in oggetto è agevole notare l’intelligenza psicologica di Borrello, coniunta al calore del sentimento che scruta, indaga, dà vita al soggetto. Tanto che si può parlare di valori tattili e visivi, come intendono illustri pensatori (e pensiamo a Berenson e di nuovo a De Sanctis). Come è proprio dello stile, che è l’uomo stesso, la sua voce, il suo accento inconfondibile. E’ l’uomo che si fa forma nel senso gestaltistico: di congruente, vibrante, espressione di vita.

   Il disegno monocromo si fa colore e luce; si fa pittura, si fa la cosa stessa pulsante nella finzione dell’arte. E l’umile strumento usato (la biro monocroma) si fa figura che vive, parla ed incanta.

 

      Firenze 23 marzo 2002                                                                                         Elvio Natali

 

 

Fig.1. G.Borrello - Apocalisse Duemila - 1982

 

Fig.2. G. Borrello - Strage degli Innocenti - 1990

 

Fig.3. G. Borrello - Deposizione - 1983