Quei leggerissimi tocchi di penna o matita con i quali i pittori accennano i loro concetti... Gli appassionati e gli studiosi d’arte sanno che l’abitudine di usare come strumento da disegno lo stilo metallico (asticciola dalla punta acuminata in grado di lasciare tracce colorate utili per il tratteggio di immagini su vari tipi di superfici) (fig.1) risale a tempi molto remoti. Già noto a Plinio il Vecchio, questo strumento é citato anche dal Boccaccio nella quinta novella del Decamerone, nella quale si afferma che in natura nulla esiste che Giotto non abbia saputo riprodurre con lo stile, con la penna o col pennello. Infatti nel 300, secondo quanto riferisce il Cennini (1437, capitolo XI: “Ancora puoi disegnare senza osso nella detta carta con istile di piombo; cioé fatto lo stile due parti di piombo, e una lega stagno ben battuto a martellino...”), si faceva uso dello stilo di piombo, mescolando tale metallo - come si è visto - con lo stagno, per accrescerne la resistenza. Solo che le punte di piombo così preparate non consentivano l’effettuazione di veri e propri disegni, a causa delle loro tracce poco consistenti e dell’impossibilità di ottenere con esse la richiesta volumetria e la necessaria resa illuministica delle immagini; il che ne limitava l’uso alla sola tracciatura di schizzi di prova o di linee di riferimento nei progetti architettonici. Successivamente, nel 400 e nel 500, si prese invece ad impiegare con grande successo, l’argento, che consentiva di tracciare segni particolarmente nitidi e compatti, eccezionalmente apprezzabili nella resa elegante e raffinata del gioco chiaroscurale; che non si poteva però ottenere tramite la pressione diversificata dello strumento utilizzato, bensì diradando e accostando i segni e facendo uso di punte di spessori differenti. Da ciò lo sviluppo di una vasta produzione di studi preparatori per i dipinti e di disegni eseguiti impiegando tale metallo, indicati comunemente nella bibliografia come “punte d’argento” (tra le più celebri delle quali si annoverano certamente quelle di Leonardo da Vinci) (fig.2). Rimaste relegate per lo più alla concezione rinascimentale del disegno come mezzo di esercizio e di studio, per varie ragioni ai nostri giorni le punte d’argento non rientrano di certo nel novero delle tecniche largamente praticate. Per ottenere risultati accettabili esse richiedono infatti speciali fogli o cartoni appositamente preparati, che è sempre più difficile reperire presso gli esercizi di belle arti, e necessitano soprattutto di una mano dotata di grande perizia disegnativa e a lungo esercitata. Vi sono tuttavia artisti particolarmente votati allo studio e alla ricerca che fanno ancora uso di strumenti complessi quali le punte metalliche. Uno di questi è Giuseppe Borrello: pittore, incisore e grafico figurativo contemporaneo, segnalato da tempo (1986) nel Catalogo Generale dell’Arte Italiana di Giorgio Mondadori come “unico artista conosciuto che usa un particolare tratto con penna biro”, sulla cui opera alcuni mesi fa si è svolto in Calabria un interessante convegno di studi. Spirito sagace e inquieto, dotato di inesauribile passione per lo studio dell’arte rinascimentale, sempre alla ricerca di mezzi più adatti alla registrazione e all’espressione di effetti di particolare complessità, quest’artista schivo e riservato - e perciò noto finora solamente ad una ristretta cerchia di appassionati collezionisti e di più attenti addetti ai lavori - che ciò non pertanto risulta periodicamente citato da almeno quindici anni in varie guide e annuari per la sua singolare vocazione innovativa nel campo della grafica, proprio grazie alla sua grande dimestichezza con le preziose punte d’argento (fig. 3) sta ora emergendo rapidamente sulla scena degli attuali sperimentalismi pittorici in quanto, essendosi reso conto di certe analogie tra tali “punte” e le punte sferiche delle penne biro, dopo una lunga fase di sperimentazione, è riuscito infine a sviluppare una nuova tecnica “pittorica” con la quale è possibile ottenere veri e propri dipinti, semplicemente sostituendo ai tradizionali pennelli del pittore le odierne penne…a sfera! In realtà, compattando laboriosamente sul foglio - tratto dopo tratto - le tracce colorate delle sue punte d’argento, Borrello era già riuscito da tempo a chiaroscurare magistralmente i “disegni metallici” da lui eseguiti, al punto da fargli assumere l’aspetto tipico delle opere pittoriche finite. Ora, utilizzando - quali “punte” traccianti - esclusivamente quelle delle penne a sfera; ispirandosi alla lontana ai principi del divisionismo; facendo uso della caratteristica trasparenza dei colori che si ritrova nella pittura ad olio, quest’artista, che ricava da tre o quattro tinte fondamentali un’estesissima gamma cromatica, ha dato vita a una forma d’arte figurativa che, rispetto a ogni altra tecnica nota, é dotata di caratteristiche del tutto innovative e che, tenuto conto dello strumento impiegato, egli stesso ha voluto congruentemente definire “pittura a biro” (fig.4). In effetti, pur essendo realizzate con penne destinate a lasciare sul foglio segni filiformi ben evi-denti, le opere di Borrello eseguite con tale tecnica sono invece sorprendentemente costituite da un finissimo perlinato, dovuto ai pigmenti dell’inchiostro distribuiti sulla sottile grana della carta. Inoltre, esse presentano colori nuovi e smaglianti, diversi da quelli tradizionali, abilmente impiegati in un gioco chiaroscurale che sembra esasperarli e potenziarli in un’espressione di spazialità dimensionale a volte quasi scultorea (fig.5). Infine, all’opposto di quanto accade nel caso delle altre immagini pittoriche (olio, acquarello, tempera, ecc.), i dipinti a biro risultano dotati di un eccezionale risoluzione ottica che ne permette un’ottima fruizione visiva anche a distanze molto ravvicinate, rendendo più intensa la sensazione estetica di chi li osserva. Con questa tecnica l’artista, che ora vive a Torino, ha prodotto opere realistiche di grande effetto, studi anatomici, paesaggi, nature morte e ritratti; genere - quest’ultimo - che predilige e che l’anno scorso gli ha consentito di ottenere un ambito riconoscimento, quando Papa Giovanni Paolo II l’ha ricevuto in Vaticano e ha accettato in dono da lui un suo suggestivo ritratto a colori (fig.6).
Febbraio-marzo 1994: Rivista d’Arte “Quadri & Sculture” n°7 Salvatore Lener |
Fig.1. Vari tipi di stilo.
Fig.2. Leonardo - studio per l'angelo della Vergine delle rocce.
Fig.3. G.Borrello - Testa di vecchio - 1993.
Fig.4. G. Borrello - Mario Soldati - 1992.
Fig.5. G. Borrello - Giovanni Paaolo II - 1990.
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Fig.6. G. Borrello - Mario Soldati (particolare) - penna biro policroma - 1992 |