“Un campione del nuovo realismo                             


Una piena compartecipazione del disegno alla sua opera pittorica, e il disegno ovvero il segno prendono, a volte, lo spessore di pittura, sovrapponendosi per importanza alla tecnica maggiore.

E' quanto fa l' artista Giuseppe Borrello, uomo del sud trapiantato a Torino, che da qualche tempo alla chetichella prima, in modo più appariscente oggi, lavora nell'ambito di quella che vorrei definire allo stesso modo di D.Wellershoff  "scuola del nuovo realismo".

Che vuol dire scuola che scopre la quotidianità, l' uomo, il mondo che ci vive attorno, riproducendo i dati fisici e sensoriali, come sotto una lente d' ingrandimento, o uno sguardo attento anche verso quel segno che ad esempio il Bossi già alla fine del '700 proponeva su fogli di disegno dell' Accademia di Brera. Dico il Bossi, ma altri nomi potrebbero a ragione fare, fino all' iperrealismo degli anni settanta, o alla magica figura di Hochney, o al primitivismo arcaico del Manzù.

Ma ora torniamo alle opere del Borrello, che con una voracità espressiva scava volti, individuando psicologie, sguardi, attraverso uno stile che appassiona, con correlazioni strutturali dell'immagine e una laboriosa affermazione del suo sistema plastico-dinamico. Un disegno, a volte con biro, a volte con punte di metalli preziosi, che sui fogli segnati, mette a nudo uno schizzo, una traccia e un traslato di significati che nella profondità e complessità della pittura talvolta sembrano sfumare.

Il severo appunto, che via via si aggroviglia, la variazione a penna che cerca una voluta, una matassa di fili che si intreccia, il foglietto o il cartoncino che si riempie, lo schizzo che ferma una simultaneità o anche una ruga d'espressioni, un accordo di piani e linee, una massa di scuri e chiari, pagine di scoperta che ridanno un'emozione unica, del lavoro dell' artista nel suo universo lampeggiante. Un' esercitazione classica sul vero che pare ridarci un novello Dürer, un Dürer del nostro fine secolo, un pittore che segna con puntigliosa economia lineare, le tacche scure, i tratteggi, le volute di colore. Sul ceppo della più nobile preistoria artistica del segno e del disegno, Borrello muove i suoi motivi stilistici, le figure femminili che rimandano alle madonne gotiche dipinte dai senesi o all' intera scultura pisana; il Cristo eseguito con un esempio magistrale di rigore e sincerità del suo segno; i profili puliti di opere che si notano anche nella serie ininterrotta di carte che descrivono i "Promessi Sposi", pure significati in incisioni di grandissima preziosità.

Persino il disporre talvolta l'immagine in ovale, richiama alla mente Pietro Lorenzetti o Simone Martini.

Borrello ha una cadenza umanistica nel suo lavoro, unica; una rete di segnali che sottostanno al lavoro di retificazione segnica. Egli ordina il tracciato grafico nella sfera del suo spazio, i volumi si saldano, acquistano valore nella pagina, una crescita che tiene conto sia dei blocchi plastici che della materia viva, sensibile e fragile, che suscita stupore, si ha quasi il timore di scalfire. Il nostro artista ha già scalfito con il suo magico segno la carta o altro, dandoci composizioni armoniche di preziosa sagomatura, di ritmo dell'immagine liberata senza sforzo dal proprio significato esteriore. Una rara sensibilità di segno e nitore nel fermare i volumi, con tecniche che sono rare, con lo studio attento del vero e un nobile esercizio del disegno fino all'esaltazione delle linee curve che insieme svuotano lo spazio e fanno schiudere tutta la grazia, la delicata proporzione dei corpi, la quiete e dolente bellezza che suscita incanti in sé isolati e conclusi. La vibrazione del segno, la elegante impaginazione della superficie, la plastica riassuntiva che agisce in modo onnivoro su una poesia tessuta. Come tessuti sono i fili che raccontano scene e volti, i movimenti del busto, i cenni del capo, l'impercettibile sollevarsi degli occhi. Un intervento artistico che pochi oggi in Italia toccano in modo così introspettivo da rimettere in moto i nervi e filamenti di un universo nascosto.

Resta sorprendente segnare l' uso delle tecniche che il Borrello avanza nel suo lavoro, come una volta egli disegna a "penna", anche se alla penna d' oca ha sostituito la penna biro, e al veicolo grafico della penna che era l' inchiostro nero seppia ha sostituito un inchiostro che scivola sulla punta della biro monocroma, nera o blu, più morbido, dandone una tale ombreggiatura che solletica un esame visivo.

E richiamando un metodo già descritto dal Cennini e da Leonardo (1452-1519) il quale scrive nel "trattato della pittura": "i pittori per ritrarre le cose di rilievo, debbono tingere le superfici delle carte di nessuna oscurità e poi dare le ombre più oscure, ed in ultime i lumi principali in piccol luogo, i quali son quelli che in piccola distanza sono i primi che si perdono all'occhio”.

 Ma c' è anche per Borrello l' uso d' una delle più antiche tecniche, che è quella dell' uso della punta di metallo, per disegnare su carta.

Allora si disegnava più generalmente con la punta d'argento o di piombo, il nostro artista invece punta sull' argento, l' oro, il palladio, il platino e il titanio: nuovi materiali che danno impronta al perdurare d' un segno che scava nel foglio il naturale, suggerendo poi vitalità, movimento e modellazione interna alle figure, sì che il ritratto è la citazione più ardita dell'anima, dell' anima dipinta.

Ma dipinta non alla maniera solita, solo colorata, chè qualità forte del disegno. Le punte metalliche presentano un tratto netto e incisivo, mirabilmente accostato e intrecciato, che però nel tempo è soggetto ad ossidazione, e si volge a una colorazione cangiante. Ecco il valore del disegno, fonte prima del lavoro del Borrello, unico oggi a farsi interprete nell'uso delle tecniche antiche, d' un disegno colorato che contiene la macchia e il tratto, giacchè nasce dalla maniera, e il tratto dalla natura.

Lo stesso uso del carboncino, della matita e della sanguigna, tendono a porgere significati più espressivi, per morbidezze pittoriche e di sfumato; ma il disegno, e questo in particolare, sottoscrive la cultura senza esitazione, e nella carta riconosce gli antichi ideali.

Eccolo il campione del "nuovo realismo", campione il cui disegno insidua poesia e leggenda, fiorire e sfiorire della bellezza.

 

Milano, 6 febbraio 1997                                                          Carlo Franza  

 


Albrecht Dürer - Natività - 1504 

 


G. Borrello - S.Agata,Timpe Bellavista -  1992 

 

G.Borrello -  Maternità - 1993 

G.Pisano - Madonna col Bambino - 1315 
 


Giotto - Pala di Ognissanti -  (1306-1310)
G.Borrello -  Maternità - 1993

 

 


Pietro Lorenzetti - Madonna fra i Santi

 


Simone Martini - Annunciazione - 1333

 


G.Borrello - Alfa e Omega - 1990