Giuseppe Borrello sublime perfezione della realtà


    La sensibilità autentica per la fi­gura appartiene, senza dubbio, a chi possiede una naturale vocazio­ne al ‘gesto’ artistico. Tale vocazio­ne dev’essere però adeguatamente portata a maturazione attraverso solidi studi estetici e un confronto-scambio con il mondo di quelle che i francesi chiamano beaux-arts.

    Tutto ciò é ben presente nel curriculum di Giuseppe Borrello, artista calabrese che vive e lavora a Torino, le cui opere sono esposte fino al 14 aprile presso gli spazi della Galleria “Immagini” (via Beltrami 9/b). La figura, si diceva in apertura, è sentita ‘a pelle’ da questo valente ritrattista, capace d’inserire i suoi morbidissimi soggetti maschili e femminili - talvolta persino realizzati a biro - in strutture spaziali di notevoli dimensioni, come nel caso del quadro “La strage degli Innocenti” (1990) (fig.1), in cui si fondono drammaticità e disperazione. Ma sarebbe riduttivo considerare Borrello soltanto un ritrattista. La sua produzione, infatti, spazia notevolmente: dalla natura morta agli animali, dai lavori a tema sacro a quant’altro sollecita la sua inesauribile ispirazione e la sua continua voglia di sperimentare inedite soluzioni esecutive. Da uno dei cataloghi che accompagnano la mostra apprendiamo che sono principalmente due le tecniche di cui si serve più frequentemente. Grazie alla prima, detta “pittura con punte metalliche”, realizza splendidi monocromi, come, ad esempio, l’angelico volto della piccola Claudia (fig.2), con punte in oro e platino, o la suggestiva “Testa di vecchio” (fig.3), ove con una punta argentea sono state rese le profonde rughe che segnano il viso dell’anziana persona, la barba fluente e i lunghi capelli, che rendono davvero interessante questo lavoro, anche alla luce della capacità del pittore di Sant’Agata d’Esaro di cogliere, garbatamente, l’intimità di ciò che stimola la sua vocazione creativa. “Sempre alla ricerca della perfezione e del sublime - scrive A. Oberti in un giudizio riportato da R. Barone, - Giuseppe Borrello dimostra di essere un poeta dello spirito. Artista intimista e schivo, racchiude nel breve spazio del foglio e della tela il suo inesauribile senso di osservazione e di interpretazione, rivelando una forza che lo conduce sempre più verso zone fragranti di luce”. La seconda tecnica, “la pittura a biro”, comprende, oltre ai già citati monocromi, anche degli altrettanto notevoli policromi. Fra di essi ricordiamo, sempre a titolo esemplificativo, “Medusa” (fig.4), un accattivante ritratto “spirituale” di una giovane dalla carnagione scura, serenamente illuminata da perlacei occhi blu-azzurri, capaci di attrarre l’osservatore per la rara intensità espressiva, “Fabiola” (fig.5), un delicato profilo di una fanciulla circondata da una sorta di aura di purezza celestiale. Bastano queste brevi note per segnalare un’esposizione da non perdere, ove si può certamente scoprire un pittore, Giuseppe Borrello, a cui appartiene, come afferma P. Levi, “l’eleganza di un segno infinito”. L’inaugurazione ufficiale della mostra è prevista per domenica 1 aprile 2001, alle ore 17. Sarà presente l’artista.

                                                                                                                                      

  

Da: IL GIORNO,  La Cronaca di Cremona, n.90 del 1 aprile 2001                         Simone Fappanni                                                                                         

 

 

Fig.1. G. Borrello - Strage degli Innocenti - 1990

Fig.2. G.Borrello -Claudia - 1994

 

Fig.3. G.Borrello -Testa di vecchio - 1993

 

Fig.4. G. Borrello - Mrdusa - 1993

 

Fig.5. G. Borrello - Fabiola - 1994